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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Amorgos 2019

Navigation

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La mattina del 22 maggio salpiamo all'alba da Patmos verso l'isola di Amorgos. Ci aspetta una piccola traversata: una cinquantina di miglia di mare aperto che incrocia una “specie di canale” tra il gruppo di isole chiamate Dodecaneso e le famose Cicladi (vedi la cartina qui sotto). Il giorno prima di partire, in modo avventuroso, siamo riusciti a pagare la nuova tassa sulle imbarcazioni in acque greche messa quest'anno dal governo di Atene... Adesso, con la coscienza a posto, siamo liberi di scorrazzare per l'Egeo.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                          (immagine satellitare 1)

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Foto dai nostri itinerari

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La rotta seguita dal July da Patmos ad Amorgos.

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Le previsioni meteo danno tempo instabile. In teoria, questo vuol dire che esiste il rischio di dover affrontare qualche “buriana” locale. Ma in realtà tutto il viaggio si svolge senza imprevisti e giungiamo ad Amorgos verso le tre del pomeriggio.

Facciamo scalo nell'ampia baia di Κατάπολα (Katàpola), una rada aperta ad Ovest-Nord-Ovest. In realtà non abbiamo molta scelta. Siamo qui principalmente per visitare il famoso monastero dell'isola e questo è il posto migliore dove lasciare la barca. La baia non è ben protetta nè dal vento nè dal mare... Ma consulteremo attentamente le previsioni prima di "andare in gita". Purtroppo non esiste alcun porticciolo; ormeggiamo come tutti poppa in banchina sull'ancora. Cerco di dare tutto il calumo di cui dispongo (lunghezza di catena)... Ma il fondo comunque non è buon tenitore.

Appena arriviamo, troviamo subito l'incaricato del comune che ci chiede di pagare l'ormeggio... Cosa che facciamo con piacere pagando anticipatamente per due giorni (l'indomani contiamo d'esser lontani quasi tutta la giornata ed al momento di partire poi, la mattina successiva, non dovremo rincorrerlo chissà dove...). Altro aspetto positivo della cosa è che "l'omino" ci da subito acqua e corrente... Non ci sono prese sufficienti per tutti... Noi siamo a posto; gli altri impareranno ad arrivare prima.

La banchina, quasi vuota al momento del nostro arrivo, si riempe completamente nel giro di mezz'ora. Siamo sorpresi: abbiamo visto poche barche in giro... Ma queste da dove sono arrivate?

La foto sotto mostra la baia di Katàpola aperta al mare (non esiste alcuna protezione artificiale - non c'è porto - tuttavia è banchinata per un tratto su entrambi i lati dello sbarcatoio per il traghetto).

Contact

 

ilviaggiodeljulymail@gmail.com

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La rada di Katàpola, nell'isola di Amorgos, dove abbiamo fatto scalo.

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La sera, prima di cena, ci facciamo una bella passeggiata lungomare che ci porta dall'altra parte della rada (da dove scattiamo la foto sopra). Ci rilassiamo e prendiamo gli ultimi accordi sul da farsi. Siamo venuti ad Amorgos, che conosciamo già, con uno scopo preciso: andare a visitare il famoso monastero (Αμοργός Μοναστήρι) che si trova, ad una certa altezza sul mare, “appiccicato” ad una parete rocciosa quasi verticale nella parte opposta dell'isola. La decisione è presa: andremo a piedi su fino alla "Chora" per ridiscendere poi verso la costa Sud-Est fin quasi all'acqua... Un'ultima salita infine ci porterà alla meta agognata.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                                    (immagine satellitare 2)

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Il percorso a piedi per salire alla Chora e ridiscendere poi al mare dalla parte opposta dell'isola.

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Siamo consapevoli di quanto “ardita” sia la scelta. Non abbiamo più vent'anni e, per di più, non siamo allenati a salire in montagna come una volta. Ma sappiamo di un autobus che “gira” per l'isola... Inoltre esistono anche i taxi... Se saremo costretti a “gettare la spugna” sapremo arrangiarci in qualche modo. Andremo per gradi. Prima tappa “la Chora”. Poi, se ce la sentiremo, potremo proseguire per il monastero. Per il ritorno prenderemo un mezzo.

Così la mattina seguente, dopo aver fatto colazione, alle otto circa, lasciamo il July e ci incamminiamo alla ricerca del sentiero. Siamo già saliti, anni prima, alla Chora. Ma sappiamo che esiste un tracciato diverso che adesso vogliamo trovare.

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Percorrendo il lungomare nella rada di Katàpola, arriviamo ad un bivio per il sentiero.

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I nostri dubbi finiscono presto. Un bel cartello (foto sopra), posto in un bivio proprio sul lungomare, non lascia posto alle incertezze. Troviamo le indicazioni che stavamo cercando e ci incamminiamo con tutta la baldanza di chi è ancora fresco ed ha voglia di muovere le gambe.

Dopo poco, si comincia a salire. La strada si fa sterrata... Tuttavia, inizialmente, rimane larga abbastanza per lasciare passare anche le macchine. Infatti, incontriamo qua e là, alcune case isolate che si possono raggiungere in auto solo per questa via.

Infine, ci addentriamo in un pendio nel quale abitazioni non se ne vedono più. La stradina diventa un vero e proprio sentiero di montagna e comincia a salire più decisamente. Il posto è bello e la natura è selvaggia.

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Ormai siamo sul sentiero vero e proprio. La natura da queste parti è un po'selvaggia.

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Continuiamo a salire senza badare al cielo che non si vuole aprire al sole come vorremmo. È un anno un po' così... Se avessimo voluto aspettare il “bel tempo” per cominciare il viaggio per mare... Saremmo ancora a Leros.

Dopo un po', mi accorgo con “terrore” che la suola della scarpa sinistra si sta aprendo in punta. Non mi sembra possibile. Sono scarponi da montagna che tengo in barca da una decina d'anni. Li uso di tanto in tanto e non mi hanno mai dato problemi. Una volta ho rotto i lacci e li ho prontamente sostituiti con delle sagolette prese a bordo... Ma niente di più.

Ormai siamo lontani dalla barca e l'unica cosa da fare è andare avanti e sperare in bene. Però, oltre che affidarmi alla speranza, penso di aiutare la suola a rimanere attaccata utilizzando proprio le robuste “stringhe” di cui dispongo (foto sotto).

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La suola tende a staccarsi. Decido allora di legarla utilizzando le stringhe.

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La riparazione di fortuna sembra tenere e riprendiamo a salire... La Chora adesso non è lontana. Procediamo di buon passo e, arrivati tra le case, cerchiamo qualcuno che ci possa indicare la strada: dobbiamo capire dove andare a prendere il sentiero che porta al monastero.

È incredibile!... Nelle strade non c'è anima viva.

Finalmente troviamo un bar ed entriamo a chiedere. Per un po' siamo andati avanti ad intuito ed abbiamo indovinato: l'imboccatura del sentiero è a pochi passi da noi.

Cominciamo a scendere... Qui la “strada” è completamente diversa: per lo più si snoda in un ambiente brullo e roccioso. Il costone è molto ripido ed il sentiero scende ad "S" con una serie interminabile di “tornanti” che ci fanno raggiungere ben presto un livello poco sopra il mare. A questo punto, si procede lungo costa per un po' e finalmente, dopo un cancello, si imbocca l'ultima salita: la scalinata che porta al monastero. Quando questo appare... Tutto bianco incastonato nella roccia... È una visione!

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Il colpo d'occhio, quando alla fine appare il monastero, lascia senza parole...

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Ormai non manca molto all'arrivo e non ci sentiamo stanchi. Siamo così affascinati da quel che ci circonda che non badiamo ad altro.

La scalinata ci porta ai piedi di questa costruzione incredibile, ma non si vede alcun ingresso: questo infatti è posto di lato dopo un'ultima rampa di scale che porta ad una specie di terrazzo dal quale, con un'ulteriore scala, si accede alla struttura.

Appena dentro, un custode ci avverte che è vietato fotografare (troveremo un custode in ognuno degli ambienti che visiteremo e ci sarà impossibile fare anche una sola foto).

L'interno è piccolissimo. Locali stretti posti uno sull'altro e scale dappertutto. Ogni stanza è una chiesa. Gli alloggi dei monaci non sono visitabili. Finito il tour, ci raccolgono con altri in una stanza dedicata allo scopo dove ci offrono un dolcetto e del "vin santo"... Dicono che serve a ristorare il pellegrino dopo le fatiche del viaggio. Tutto molto buono... Tutto molto bello... Una "faticaccia", ma ne è valsa la pena.

Così, decisamente soddisfatti d'aver raggiunto la meta e ancora ammirati da tanta bellezza, cominciamo la discesa verso il livello del mare. L'idea è quella di prendere un taxi che ci riporti alla barca. Prima di affrontare l'ultima salita al monastero, abbiamo visto quattro o cinque cartelli con relativo numero di telefono da chiamare in questi casi.

Perdiamo almeno un quarto d'ora cercando di telefonare e facciamo diversi tentativi con ognuno dei numeri esposti nei vari cartelli... Niente... Nessuna risposta. A questo punto, stufi di perdere tempo,  decidiamo, costi quel che costi, di rientrare a piedi.. Infatti, la mia scarpa sinistra da adesso cenni inquietanti di "cedimento strutturale" e anche la destra minaccia di intraprendere lo stesso "percorso" di veloce ed inarrestabile degrado.

Comunque, cominciamo a risalire verso la Chora. Margherita si gode la sua superiorità prestazionale: non c'è abituata. Io devo muovermi in modo innaturale e fare di tutto per conservare quel che resta delle mie povere scarpe... E faccio una gran fatica extra. Comunque, alla fine, giungiamo alla Chora e decidiamo di concederci una "sosta pranzo".

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La Chora ad Amorgos è costruita intorno ad un massiccio roccioso molto caratteristico.

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Vogliamo andare a mangiare in un ristorantino all'aperto che già conosciamo. Il problema è riuscire a trovarlo. La Chora non è Milano... Non è stata costruita con strade parallele tra loro. Anzi, è incredibilmente intricata in un saliscendi di viuzze contorte che si intrecciano apparentemente a caso... Magari anche con delle scale che congiungono dei livelli diversi.

Comunque, stanchi ma soddisfatti, alla fine riusciamo nella nostra ricerca e troviamo anche dei posti liberi... E ci sediamo.

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Alla Chora scegliamo di mangiare in un ristorantino all'aperto che conosciamo bene.

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Come spesso accade in questi casi, dopo aver mangiato, ci sentiamo di nuovo in forze e riprendiamo la discesa verso la baia di Katàpola dove speriamo che il July ci stia attendendo senza riservarci qualche imprevisto. A differenza della salita del mattino, per il ritorno vogliamo prendere il sentiero fatto quando siamo venuti sull'isola la prima volta. La cosa ci appare semplice... Ci sembra di ricordare tutto e bene. In realtà invece, mano a mano che avanziamo, molti dubbi ci assalgono. La strada non è segnata da nessuna parte. Ad ogni modo, non commettiamo errori e, dubbi a parte, dopo poco imbocchiamo il sentiero vero e proprio e le bianche case della Chora cominciano ad allontanarsi alle nostre spalle.

Non passa molto però che la suola della mia scarpa sinistra se ne va "per i fatti suoi"... Quella destra rimane attaccata per metà. La scarpetta, per fortuna, anche se senza suola, rimane integra e non mi rimane da fare altro che avanzare come posso. Avendo una sola suola (anche spessa in quegli scarponi), zoppico vistosamente. Non mi è mai successa prima una cosa simile. Ipotizzo che il cedimento sia dovuto esclusivamente alla vetustà delle scarpe (degrado delle caratteristiche del colllante nel tempo).

Quando infine raggiungiamo la barca, non mi sembra vero. Mi tolgo le scarpe e le "deposito" in un cassonetto non troppo distante. Come mi sembra comodo il July!

L'indomani lasciamo l'isola molto contenti. Abbiamo fatto bene a venire anche solo per vedere il monastero. Dirigiamo verso Schinoussa, nelle Piccole Cicladi: un'isoletta che abbiamo sfiorato più volte ma senza mai fermarci.