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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).
Cartolina di Natale 2018
Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.
Fine
Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.
In giro per Kos
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Come da nostra abitudine, salpiamo all'alba dal porticciolo di Astipalaia: dobbiamo raggiungere Καρδαμαινα nell'isola di Kos. Non abbiamo motivo di ritenere che vento e mare oggi siano meglio di ieri, quindi abbiamo messo il July in assetto da cattivo tempo. La giornata è bellissima: non c'è una nuvola in cielo. Ma questa è una nota caratteristica dell'Egeo: si passano sei mesi senza vedere una nuvola, ma vento e mare non mancano mai.
Con nostra grande sorpresa invece, facciamo un viaggio di tutto riposo. Naturalmente le onde ci sono e il vento non è meno forte di ieri, ma non ci sono frangenti e la barca non subisce serie minacce. Anzi, voliamo sull'acqua e la pressione nelle vele contribuisce non poco a mantenere lo scafo in assetto. Certo, facciamo una navigazione “sportiva”, ma il July non subisce scossoni e non prende colpi di mare. Arriviamo per l'ora di pranzo e, l'amico Guido che ci vede entrare ci da indicazioni per un bel posto che si è liberato da poco.
Elaborazione di un'immagine di Google Maps (immagine satellitare 1)
Foto dai nostri itinerari
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La rotta del July nella tappa da Astipalaia a Kos.
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Proviamo una grande soddisfazione: essere qui, dopo la “prigionia da Maltemi” subita nell'isola di Ios dalla quale siamo partiti il giorno prima, significa molto per noi. Nel Dodecaneso il vento estivo dell'Egeo è meno violento e, sia per come sono disposte le isole, sia per l'esistenza di alcuni porti a ridosso, la navigazione è meno pericolosa e molto più spensierata. Inoltre, a fine stagione sverneremo a Marmaris, in Turchia. Siamo ormai dalla parte “giusta” della carta nautica.
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ilviaggiodeljulymail@gmail.com
Sabato 30 giugno, affittiamo un auto e andiamo a fare un giro per Kos. Siamo a Kos ormai da alcuni giorni ed è per noi la seconda volta che sbarchiamo sull'isola. La prima è stata nell'ottobre scorso durante il "tour" del Dodecaneso (- click -). In quell'occasione, di fatto, ci si è limitati alla visita di quella che qui chiamano "Kos Town", ovvero alla visita dell'antico porto e della città, antica e nuova, che esiste nei suoi dintorni. Questa volta invece, già di prima mattina, abbiamo puntato alle spiagge più famose, come Paradise Beach, al porticciolo pescatori di Kamari, ed alle località interne all'isola che sono comunque famose per vari motivi.
La famosa spiaggia di Paradise Beach a Kos (giugno 2012).
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In prima approssimazione, possiamo dire che la rete stradale nell'isola di Kos è molto semplice. La potremmo definire “a spina di pesce”. Voglio dire che esiste una dorsale che corre per tutta l'isola (che peraltro si presta per la sua forma stretta e lunga) dalla quale dipartono le strade minori che portano direttamente alle varie località. Così, visitare l'isola con l'auto significa percorrere la dorsale di cui parliamo e deviare, o all'andata o al ritorno, per visitare quello che ci interessa. Ci fermiamo subito a dare un'occhiata a Paradise Beach (foto sopra) approfittando del fatto che siamo in anticipo sulla folla di turisti che inevitabilmente la renderà meno affascinante.
Poi andiamo a visitare il porticciolo di Kamari perché, come al solito, abbiamo sempre un grande interesse nella ricerca di posti barca alternativi a quelli più battuti: un nuovo rifugio tranquillo che vada ad allungare la "lista segreta" degli angolini dove passare qualche giorno lontano dalla "calca".
In realtà, quel che troviamo non è molto di più di uno sbarcatoio: si tratta di una una banchina che poco protegge in caso di maltempo.
Hanno costruito una scogliera e la hanno banchinata all'interno dove, peraltro, si accalcano in doppia fila le barche dei pescatori locali. Non troviamo yacht di nessun genere in banchina. Se ne vedono tre alla fonda in rada.
Comunque veniamo a sapere che i pescatori locali sono così gentili da tollerare per qualche giorno la presenza di turisti del mare, gente di passaggio come noi. Chissà?... Potremmo pure venire... Non quest'anno però. Penso che andremo a nord. Comunque il posto è bello e l'acqua è limpida.
Dall'altra parte del porticciolo, subito dopo la gettata, c'è la spiaggia di Kamari.
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Dopo aver visitato la parte Ovest dell'isola ed aver dato un'occhiata al Golfo di Kefalos, che è famoso tra “il popolo delle barche” per via del fatto che è un riparo abbastanza tranquillo quando fuori soffia forte il Meltemi, riprendiamo l'auto per andare dalla parte opposta. Andiamo a Kos Town perché abbiamo una missione da compiere: è finito il gas in una delle due bombole che abbiamo sul July... Abbiamo telefonato e ci aspettano con la ricarica.
Portata a termine con successo la missione, dirigiamo per un posto famoso sull'isola: andiamo a cercare la strada per raggiungere il villaggio di Zià.
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Il villaggio di Zià in tre immagini poco correlate tra loro... Il paesino è fatto di poche case.
Al villaggio si arriva mediante una strada che sale avvolgendosi in mille tornanti: siamo contenti d'essere in auto invece che in moto (solitamente preferiamo le moto per visitare le isole). La strada, qua e là, è disconnessa e l'auto è molto più confortevole. Una volta arrivati, ci accorgiamo che quello del parcheggio è un problema pesante già a fine giugno. Tuttavia la sana esperienza di città ci viene in soccorso e ci adattiamo splendidamente alle circostanze utilizzando "un buco" quasi invisibile: non è un parcheggio formalmente ineccepibile, ma ci consente di "mollare" l'auto senza creare problema ad alcuno. Dalla piazzetta, nella quale siamo arrivati, si diparte un viottolo in salita pieno di banchi e negozi dove vendono di tutto. Margherita trova una crema uguale a quella che aveva comperato tempo addietro a Creta. Per il resto, niente artigianato: troviamo solo prodotti spacciati per locali ma fatti da altre parti da vere e proprie industrie che operano su scala mondiale. Tutta "roba per turisti".
Finita la strada dei negozi, un largo sentiero pavimentato continua in salita verso uno dei picchi della montagna. Durante il percorso non mancano taverne e bar per "ristorare il povero viandante". Dato l'orario, tutti questi "messaggi sbliminali" ci fanno venire un certo languorino. Uno di questi locali, la "Taverna Sunset" (tramonto in inglese), ci piace più degli altri e ci sediamo per il pranzo. Riusciamo a trovare un bel posto panoramico al fresco sotto le fronde: ottimo! Ci facciamo portare un menù greco leggero: fa abbastanza caldo e, pensando a quando ripartiremo da qui, non mangiamo molto. Questa sosta tra i pini ed il bel verde della montagna, ci ricorda i nostri luoghi in Trentino. Per carità, la differenza è enorme... E tuttavia il ricordo sorge spontaneo a entrambi.
Quando andiamo a riprendere l'auto parcheggiata in modo "non ortodosso", mi accorgo che tutti i miei scrupoli sono stati decisamente esagerati: sono diverse le macchine e le moto messe di qua e di là nei posti più impensabili e non tutte sono sistemate, come la nostra, in modo da non creare problemi.
Comunque ripartiamo e come prossima tappa puntiamo all'antica città di Pili (Palio Pili, come si vede nel cartello - Palio significa antico).
Saliamo per una strada di montagna fino a quando, ad un certo punto, si apre una stretta vallata che culmina, a destra ed a sinistra, con un picco per parte. In quello di sinistra, più alto, si vedono ancora bene i resti di un castello, in quello di destra hanno invece costruito un punto di ristoro. Sono comunque stati bravi: la nuova costruzione si presenta identica nello stile a tutto il resto e non rovina vistosamente l'atmosfera del luogo.
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Arriviamo nella "piana" che ospita i resti del villaggio ai piedi del castello.
Lasciata l'auto, il sentiero parte subito in salita. Colpisce il fatto che l'intera zona é disseminata di sassi. Ovviamente le case, fatte semplicemente ponendo un sasso sopra l'altro, sono crollate quasi completamente con quel terremoto che ha poi determinato, come conseguenza, l'abbandono della città vecchia per ricostruirne una nuova poco lontano. Non sorprende infatti che le strade, dei sentieri "acciottolati" ben fatti e con lunghi gradini, siano rimaste praticamente integre (sono pavimentazioni, costruzioni al livello del suolo, non crollano in caso di terremoto).
Attira la nostra attenzione una delle pochissime costruzioni che sembra avere retto alla scossa: una chiesetta. Esiste ancora una porta, che però è chiusa; si riesce tuttavia ad entrare da un'apertura secondaria. Una parte del tetto di travi e canne è crollato. Ma si entra senza reale pericolo e si possono così visitare queste interessanti rovine.
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Il villaggio di Zià in tre immagini poco correlate tra loro... Il paesino è fatto di poche case.
Troviamo tutto l'interno in totale abbandono. Ciò non di meno, riusciamo ancora a vedere sui muri tracce decifrabili di antichi affreschi bizantini (foto sopra); è chiaro che una volta queste pareti dovevano esserne ricoperte interamente.
Continuiamo a salire. Il bosco ci protegge dal gran caldo che a quest'ora, sotto il sole, è quasi insopportabile. Quando finalmente raggiungiamo una radura, notiamo che si capisce benissimo che qui una volta finivano le case e cominciavano le mura esterne. Non ostante si salga ormai da un bel po', il castello rimane sempre distante lassù, ma siamo determinati a raggiungerlo.
Lasciamo quindi il sentiero tra le case distrutte ed entriamo in quella che, una volta, doveva essere la porta nella cinta difensiva (foto al lato). Oggi pare quasi una breccia, ma il fatto che la strada continui dall'altra parte ci fa pensare che, anche in assenza di ogni traccia di stipiti, quella fosse proprio la porta.
Per fortuna la protezione del bosco ci accompagna quasi fino al castello: il sole è implacabile.
Appena il bosco finisce, quel che si vede del castello offre un colpo d'occhio stupefacente: le imponenti mura viste dal basso. Siamo su di un "picco di pura roccia" e quel che l'uomo ha costruito appare come una continuazione artificiale della montagna sottostante. Il livello di protezione da un assalto, in questo punto, è probabilmente totale. Il sentiero scalinato sale avvolgendosi intorno alla rocca fino a quando si incontra una prima porta del castello. Superata questa chiusura, si continua per qualche metro in un corridoio a cielo aperto fino ad incontrare un secondo ingresso che, questa volta, conduce all'interno. La cosa è studiata. In caso di attacco, ci si trovava già in difficoltà a dover sfondare la prima porta (che era posta in salita, in cima a delle scale e sotto tiro dei difensori). Poi, se pure il nemico fosse riuscito nel suo intento, qui avrebbe dovuto affrontare la difficoltà maggiore: uno stretto sentiero nel quale si può salire solo in fila per uno e terribilmente esposto dall'alto e da più parti al tiro dei difensori che, in numero considerevole, comunque maggiore degli attaccanti, poteva "scatenare l'inferno" (vedi foto sotto).
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L'entrata al castello: estrema difesa.
Una volta entrati, il castello presenta dei resti, più che altro rovine, che ne evidenziano l'estrema semplicità che caratterizza da sempre le costruzioni militari. Lo spettacolo incredibile invece è il panorama che si presenta ai nostri occhi. Palio Pali "giace tutto ai nostri piedi" e se ne vedono chiaramente i contorni dall'alto. Più in la, l'isola di Kos si distende verso Nord-Nord-Ovest fino al mare. In lontananza si vedono Pserimos e Kalimnos (nostra prossima meta).
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Il panorama dal castello: l'isola in fondo è Pserimos. Kàlimnos si vede in fondo a sinistra.
Purtroppo, nessuna foto potrà mai restituire le stesse sensazioni dell'occhio che spazia tutt'intorno per questa bella isola che per tanti anni é stata territorio amministrato da italiani. Tanti sono i segni che ne portano testimonianza e tante persone abbiamo incontrato che ancora si ricordano di quei tempi circondandoci di affetto... Peraltro interamente ricambiato.