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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Jerez e Ronda

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JEREZ DE LA FRONTERA

 

 

Come al solito, partiamo presto subito dopo una colazione semplice e veloce. La sera, ci piace rilassarci concedendoci una cenetta in qualche localino che “ci ispiri”, così, al mattino, desideriamo poco più di un buon caffé. Questo fatto tocca l'annosa questione fra la colazione in stile anglosassone e le abitudini italiane... Non addentriamoci in queste discussioni. Dopotutto siamo italiani e noi non facciamo eccezione.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                          (immagine satellitare 1)

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Foto dai nostri itinerari

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Percorso stradale da Cadice a Jerez de la Frontera.

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Oggi siamo diretti a Ronda, ma, nella strada, è prevista una tappa a Jerez De La Frontera. Siamo già passati da Jerez ieri in autostrada nella tappa Siviglia-Cadice, ma senza entrare nell'abitato. Ci siamo organizzati in questo modo per ottimizzare i tempi. Questa sera dormiremo a Ronda in modo da sfruttare tutta la giornata fino in fondo.

Jerez e Ronda, in modo assai diverso, sono due tappe molto particolari per chi visita l'Andalusia e noi vogliamo concederci tutto il tempo necessario per non perderci nulla.

Arriviamo a Jerez in poco tempo. Oggi è domenica, così cerchiamo di parcheggiare il più possibile vicino al centro. Ci inoltriamo sempre più verso il cuore della città, ma trovare un posticino dove lasciare l'auto sembra destinato a rimanere un miraggio. Poi, con la coda dell'occhio, in uno slargo, trovo quel che cerco: niente male... Due passi... Ma proprio due e da qui saremo in centro.

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Jerez de la Frontera: a piedi in un vicoletto.

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Percorriamo un vicoletto (foto sopra) che a quest'ora è deserto. Non sappiamo se i negozi sono chiusi perché oggi è giorno di chiusura o a causa dell'orario... Ma la passeggiata è piacevole e, in pochi passi, spuntiamo alla piazza del mercato. Abbiamo imparato che in Spagna i mercati sono il luogo dove pulsa la vita della città, ma ci accorgiamo che questo fatto, se possibile, in Andalusia è ancora più vero.

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Album fotografico   - click -   "il mercato a Jerez"     - istruzioni -

Naturalmente anche qui la domenica, nelle prime ore del mattino, di gente in giro se ne vede poca. Ma qui al mercato, nei pochi minuti che siamo rimasti in attesa dei “churros”, abbiamo visto arrivare diverse persone e notiamo come tutti i locali qui intorno si diano da fare per essere pronti quando la gente arriverà... Dopo l'ora della messa.

Spendiamo due parole sui "churros". Li fanno con un impasto piuttosto fluido di farina, lievito, olio di oliva e zucchero. Poi, riempono un colino a buchi grossi e distanziati con questo impasto e si portano sopra un tegame contenente olio bollente. Il colino è chiuso da un apposito tappo e, quando si apre, file di prodotto cadono, si "solidificano" e friggono in pochi secondi. Un mestolo piatto, largo e bucato viene utilizzato per raccoglierli e versarli sullo zucchero dove vanno ben agitati perché questo si attacchi dappertutto. Infine vengono serviti e mangiati "belli caldi".

Con il "cartoccio" dei churros in mano, prima di riprendere il cammino, ci addentriamo per cinquanta metri in Calle Union, una viuzza proprio di fronte al chiosco. La strada si interrompe con una gradinata composta da due scale simmetriche, una verso destra e l'altra verso sinistra, che scendono di livello per due o tre metri dove la via riprende. Siamo di fronte al teatro: "il Teatro Villamarta". Ritornati sui nostri passi, percorriamo poi Calle Lanceria che ci porta in Plaza de Arenal da dove, a destra per Calle Consistorio, arriviamo all'Ayuntamiento (foto sotto).

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Ayuntamiento de Jerez de la Frontera (in Calle Consistorio).

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Questo palazzo è il comune della città. Ci soffermiamo per dare un'occhiata alla sua eleganza, pur nella semplicità delle forme. In origine questa costruzione fu destinata ad un ospedale costruito alla fine del seicento. Solo nel 1840 gli uffici dell'alcade vennero portati qui adeguando, via via, l'edificio alle sue nuove funzioni. All'interno del palazzo, un patio centrale circondato da colonne da accesso a tutta la struttura.

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Album fotografico   - click -   "Verso Plaza De La Asuncion"     - istruzioni -

Tutta la “Plaza de la Asuncion” è un “gioiellino”. È famosa per essere la più bella piazza di Jerez. Tuttavia, due costruzioni si impongono sul resto sia per bellezza che per importanza: la Iglesia de San Dionisio e la “Antigua Casa del Cabildo” (detta anche Cabildo Viejo o Antiguo Ayuntamiento – Si chiamava Cabildo il collegio dei sacerdoti che facevano parte della cattedrale).

Per quanto riguarda la “Antigua Casa del Cabildo”, possiamo notare che l'edificazione di questo palazzo testimonia e rispecchia la potenza della chiesa in questo luogo nel sedicesimo secolo, quando Jerez visse un periodo di grande splendore. Potenza che, a sua volta, esprime quella della nobiltà di Jerez in quel momento. Già nel secolo precedente si era vista una crescita significativa del commercio del vino prodotto in questa zona (lo "cherry" di “inglese memoria” che conosciamo è proprio il vino, divenuto di gran moda, che gli anglosassoni importavano da Jerez... Si tratta di una deformazione della parola dovuta al passaggio da una lingua ad un'altra). Quando l'esportazione non si limitò più alla sola Europa ma si espanse fino alle Americhe, si ebbe un picco (...in concomitanza con il momento dell'edificazione di questo palazzo).

Per quanto concerne la chiesa invece, detta anche "Parroquia de San Dionisio", è una chiesa costruita nella seconda metà del XV secolo (l'edificio più antico della piazza)... Realizzata un centinaio di anni prima della “Antigua Casa del Cabildo” secondo le usanze e le disponibilità del periodo. Una delle chiese tipiche di quei tempi. Gli interni (che abbiamo deciso di non vedere) sono stati rifatti in epoca barocca. Più recentemente alcuni scavi hanno portato alla luce resti di epoca più antica (dobbiamo tenere a mente che il vino a Jerez era famoso già ai tempi dei fenici prima e dei romani poi).

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Album fotografico   - click -   "Verso l'Hammam"     - istruzioni -

Ci fermiamo un po' a “Plaza del Arenal”, vogliamo vedercela con calma... Sappiamo che viene da tutti considerata la piazza più bella di Jérez. Andiamo a curiosare anche verso Calle Bélen e Plaza Plateros. Poi, decidiamo che è ora di proseguire e, imboccata Calle José Luis Diez, dirigiamo verso la cattedrale. Prima di giungervi però, facciamo una piccola deviazione per dare un'occhiata ai bagni arabi ancora in attività che si trovano in Calle Salvador: un vero Hammam.

Video girato nei bagni arabi, un vero Hammam ancora in attività a Jerez de la Frontera.

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L'Hammam che visitiamo è ancora in attività. Non ci fanno entrare, a meno di non pagare l'ingresso, spogliarci e dedicarci alle cure del corpo beneficiando dei loro servizi. Io mi limito a rimanere nella sala dedicata alla prima accoglienza, Margherita chiede di dare un'occhiata, come per decidere se sono belli abbastanza per entrare, in questo modo riesce ad andare dentro a curiosare.

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Album fotografico   - click -   "La cattedrale di Jerez"     - istruzioni -

Usciti dai bagni, ancora pochi passi e ci appare la cattedrale di Jerez de la Frontera. Il colpo d'occhio, in un primo momento, non è all'altezza delle nostre aspettative. Poi però ci rendiamo conto che il problema non è la cattedrale, ma piuttosto il resto della piazza. Questa infatti manca di armonia. Il complesso della chiesa è grandioso: una grande scalinata doppia sale, una a destra e l'altra a sinistra, per poi girare a gomito e convergere di nuovo verso il centro. Si accede così all'ampio sagrato dove l'imponente facciata si erge fino al cielo. Vistosi archi rampanti ci danno subito un'idea per determinare a quali anni risalga questa costruzione. La facciata, piuttosto semplice e liscia nella parte bassa, è interrotta da tre porte ciascuna con un rosone sopra. A fianco del rosone centrale, due piccole torri sono "incastonate" alla ricerca di una qualche novità stilistica di scarso successo. Infine, spicca il canpanile che è stato eretto staccato dal corpo della chiesa. Il resto tutt'intorno, come dicevamo, manca di forma e di edifici di valore. Tante case bianche, assolutamente anonime, fanno da cornice. Inoltre, un'altra cosa ci sorprende: a fianco della scalinata sopra descritta, hanno costruito delle altre scale che non legano in alcun modo con il resto dell'architettura intorno... Ma proprio queste sono ben visibili in primo piano per coloro che arrivano alla cattedrale dalla parte dell'Hammam.

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Bene! Vista anche la cattedrale, direi che siamo proprio soddisfatti. Siamo ampiamente nei tempi che ci siamo dati e ci possiamo avviare a riprendere l'auto.

Bella Jerez! Bella davvero! Abbiamo trovato una cittadina andalusa semplice ed originale che non sembra sopraffatta dal turismo. Ma prima di andar via, abbiamo ancora una cosa da fare: procurarci qualche buona bottiglia locale che, una volta rietrati in barca, ci faccia compagnia la sera a bordo... Magari con gli amici (vedi foto sotto).

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Album fotografico   - click -   "Tio Pepe"     - istruzioni -

RONDA

 

 

Con il nostro “bottino” tintinnante (le bottiglie acquistate da Tio Pepe), ci avviamo verso l'auto percorrendo a ritroso la strada fatta all'andata. Le vie adesso sono decisamente più animate. Troviamo delle auto in seconda fila che cercano parcheggio alle spalle della nostra. Uno di loro è fortunato; quello direttamente dietro di noi che, appena ci muoviamo, prende il nostro posto...

Così partiamo subito per Ronda.

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Ronda si affaccia su un'impressionante parete rocciosa (elaborazione di una foto dal web)

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Il motivo per cui Ronda è famosa è tutto nella foto che possiamo vedere qui sopra. Ronda è stata costruita su di uno strapiombo impressionante e spettacolare che, oltre tutto, è diviso in due parti da un orrido formato, con tempi geologici, da un corso d'acqua che divide in due l'abitato. Un ponte collega le due rive e contribuisce a creare uno scenario unico ed indimenticabile.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                                              (immagine satellitare 2)

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Percorso stradale da Jerez de la Frontera a Ronda.

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Anche il percorso che facciamo in auto è piuttosto interessante (vedi immagine satellitare 2 qui sopra). Infatti si sale in montagna e si passa per il “Parque Natural Sierra de Grazalema” prima di giungere a destinazione. Comunque, a dispetto di quanto traspare studiando il percorso sulla carta, la strada è buona e relativamente veloce ed arriviamo all'albergo prima di pranzo. Troviamo posto proprio davanti all'hotel ed in men che non si dica, siamo già proiettati verso la visita di questa cittadina andalusa così famosa e scenografica. Tuttavia, nonostante il nostro "prorompente" entusiasmo, prima di partire "lancia in resta" per le visite in programma, ci concediamo una breve sosta "mangereccia" in un localino semplice e carino. Alcune tapas veramente ben fatte e due bicchieri di birra gelata bloccano le proteste del "pancino" e noi possiamo proseguire: prima tappa Plaza de Toros.

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Album fotografico   - click -   "Plaza de Toros a Ronda"     - istruzioni -

Il motivo per il quale, come prima visita, puntiamo alla Plaza de Toros è duplice: l'arena è situata poco distante dall'albergo proprio lungo la strada che intendiamo percorrere; inoltre, anche se si è culturalmente contrari alla tauromachia, non ha senso visitare la Spagna “illudendosi” di escludere tutto ciò che riguarda il mondo delle corride. La Spagna ha convissuto per qualche migliaio di anni con le “Plazas de Toros” presenti in ogni città e l'essenza stessa di questa splendida terra, in alcuni casi, si identifica con questa pratica. Come ho già avuto occasione di scrivere in queste pagine, noi siamo culturalmente contrari (ne abbiamo discusso nella web-page di Cordoba)... Ma non vogliamo essere bigotti. Siamo interessati a comprendere e respingiamo ogni semplificazione ideologica. Quanto segue è una sintesi di quanto abbiamo letto ed appreso sul posto e consente di approfondire meglio l'argomento.

“A partire dal Medio Evo, la conduzione dell'esercito e l'uso delle armi furono appannaggio della nobiltà. Nella storia militare e politica dell'Andalusia e, di conseguenza, della Spagna intera, svolsero un ruolo importante, oltre agli ordini militari, le confraternite, le maestranze e gli altri corpi di cavalleria; istituzioni favorite dalla corona con l'intenzione di agevolare la nobiltà locale nell'apprendimento e nell'esercitazione delle abilità necessarie in caso di guerra al fine di avere forze sempre pronte a rispondere alla chiamata del re ovunque ve ne fosse necessità.

Il re raccomandava vivamente ai cavalieri di esercitarsi nelle arti marziali mediante l'organizzazione di tornei, giochi di abilità, lotta con i bastoni e quant'altro potesse essere considerato utile... E, perché no... Anche lottando contro tori infuriati.

In particolare, destreggiarsi a cavallo contro un toro imbizzarrito veniva considerato parte integrante dell'addestramento di un cavaliere. Tutto ciò, inoltre, implicava anche tutte le attività necessarie per allevare, selezionare ed addestrare i cavalli destinati a queste attività... Cavalli che, in caso di guerra, diventavano un elemento prezioso di qualificazione delle armate a disposizione del re”.

Data la lista interminabile di attività che ruotavano all'epoca intorno al fenomeno delle corride, non è azzardato affermare che "mezza popolazione" ne era in qualche modo coinvolta. Nell'arena, si svolgevano manifestazioni importanti che includevano le corride ma non necessariamente coincidevano con esse. Ad esempio: le interminabili parate di cavalli bardati e carrozze; ovvero l'ostentazione che da sempre è uno dei mezzi più usati ed abusati per la perpetuazione del potere (foto sotto).

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Una antica stampa mostra una Parata alla Plaza de Toros di Ronda.

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Finita la nostra visita, usciamo dall'arena con l'intenzione di andare a vedere quel che, più di ogni altra cosa, caratterizza Ronda: il ponte sul “baratro”... Un orrido spettacolare le cui dimensioni sono ben deducibili dalla foto già vista sopra. Tuttavia, fatichiamo a staccarci da quel che abbiamo appena visto... Siamo consapevoli di essere stati non solo all'interno di Una “Plaza de Toros” qualsiasi, ma della “Plaza de Toros de la Real Maestranza de Caballeria de Ronda”.

Ma c'è poco tempo per le riflessioni profonde. Appena fuori, solo a pochi passi di distanza, ci affacciamo dal "mirador", una struttura fatta apposta (foto sotto) per consentire di assistere allo spettacolo, soprattutto al tramonto, di una grande vallata che si stende a perdita d'occhio fino all'orizzonte vista dall'orlo di uno strapiombo di altezza notevole.

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"El Mirador" (Elaborazione di una foto disponibile nel web).

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Dopo aver rimirato questa vallata (che da qui appare come in una vista aerea) e dopo aver scattato alcune foto, dirigiamo finalmente al ponte. Qualche centinaio di metri e, in Plaza España cominciamo a vederne comparire i contorni. Prima di andarci sopra, ci affacciamo proprio dal bordo della piazza, in modo da poter vedere sia l'orrido dall'alto che la struttura del ponte. È decisamente uno spettacolo impressionante. Pensare che una tal fenditura è opera dell'acqua, di quella poca acqua che si scorge appena lì giù in fondo... Sembra incredibile.

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Album fotografico   - click -   "Verso il ponte di Ronda"     - istruzioni -

Che dire... Non si trovano le parole... È uno spettacolo impressionante ed inusuale della natura. Sorprende pensare che gli antenati di questa gente si siano stabiliti proprio qui ed abbiano fatto tutta questa fatica per costruire un ponte di tal fatta per poter occupare entrambi i lati con case, strade e possedimenti vari indifferentemente da ambo le parti. Bisogna dire che per il turista questa antica “decisione” è stata una “fortuna”: se siamo alla ricerca di stupore, questo è il posto giusto.

Adesso pensiamo alla prossima tappa: dobbiamo trovare come raggiungere "il Palazzo del Re Moro"... Una villa costruita sulla roccia abbarbicata sul ciglio dello strapiombo.

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Palazzo del Re Moro": un palazzo costruito sullo strapiombo...

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Non sappiamo ancora come fare per arrivarci... Ma la fortuna ci aiuta. Un passante ci ha indicato dove si trova: si vede anche dal ponte (foto sopra). Adesso ci addentreremo per i vicoli che portano in quella direzione sperando di arrivarci. Il problema è che ci sono diverse stradine contorte e tutte in discesa: se non la “becchiamo” al primo colpo, ci toccherà scendere e risalire a vuoto... Mah!... Faremo sport.

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Album fotografico   - click -   "Verso il Palazzo del Re Moro"     - istruzioni -

Da non crederci... Ovviamente siamo proprio sportivi. Ci rendiamo conto quasi subito che la strada che abbiamo preso ci porterà giù fino al fiume senza passare dal “Palacio del Rey Moro”: ma scendiamo ugualmente. Ci sentiamo affascinati dall'antico quartiere arabo che conserva ancora oggi attrazioni ad ogni angolo.

Abbiamo cominciato a scendere quando siamo arrivati all'altezza di un piccolo campanile senza chiesa: “L'Alminar de San Sebastian". Questo minareto, in epoca araba, apparteneva ad una piccola moschea (XIV secolo) la quale, dopo la riconquista cristiana, subì la trasformazione in una chiesa che fu dedicata a san Sebastiano (vedi foto sfogliando l'album qui sopra). Della chiesa, ai giorni nostri, non rimangono più resti visibili, ad eccezione di questo antico ex minareto convertito in torre campanaria.

Continuando la discesa tra i vicoli, che ogni tanto si allargano a formare minuscole piazzette, abbiamo trovato persino la sede della “Confraternita si San Francesco” di Ronda. Abbiamo visto il fondo quando siamo arrivati a distinguere dall'alto i resti degli antichi “Bagni Arabi”. Ormai sono solo delle rovine, ma sono ancora visitabili e possono mostrare al visitatore tutti gli spazi originali.

Continuando a scendere si passa sotto l'Arco di Filippo V e si giunge finalmente in fondo. Subito dopo il ponte che in Calle Real attraversa il Guadalevin, si erge l'antica chiesa di Padre Jesùs (XVI secolo). Situata in una piazzetta triangolare con, alle spalle, l'antico quartiere arabo, la chiesetta ha una forma molto originale: la sua facciata sembra una torre medievale ed in effetti funge proprio da torre campanaria. Proprio di fronte al suo ingresso, nel '700 è stata costruita una fontana chiamata "delle sette cannelle". All'epoca questa piazza era un affollato centro di frenetiche attività commerciali e la fontana era al servizio della comunità.

Che bello! Non avevamo messo in conto quel che abbiamo visto scendendo fino al fiume. Ora "ci tocca" risalire per arrivare all'ingresso del "Palacio del Rey Moro"... Ma la prendiamo sportivamente: in fondo si tratta dell'ultima fatica della giornata e ci possiamo anche permettere di passarci sopra senza lamentarci... Comunque... In discesa non sembrava così ripida questa strada.

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Risaliamo per una via diversa rispetto alla discesa, comunque senza che nessuno si lamenti, risaliamo fino all'ingresso della “Casa de Re Moro”: facciamo i biglietti ed entriamo. L'edificio non è visitabile internamente per ragioni di sicurezza: in molti punti appare pericolante. Ci sono i giardini che sembrano “carini” ma niente di eccezionale. Ci mettiamo a fare qualche foto. Io poi, mi accorgo di un pavone che circola libero tra i cespugli... Mi armo di macchina fotografica e gli do la caccia.

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Album fotografico   - click -   "Palacio del Rey Moro"     - istruzioni -

Mentre do la caccia al pavone e scatto foto ad ogni angolo del giardino, Margherita mi dice che nel depliant che ha preso all'ingresso si parla di una grotta segreta... Per come ne parla, mi lascia pensare ad una cantina per conservare il vino dei nobili che abitavano in questo palazzo. Così, inizialmente, do poca importanza alla cosa e continuo ad inseguire il pavone.

Però Margherita non demorde; mi viene dietro per parlarmi della cantina e fa scappare "l'uccellaccio". Alla fine comunque, non senza una qualche fatica, “becco” il pavone (che viene immortalato per i posteri) e mi predispongo ad ascoltare con maggiore attenzione. “Allora?... Cos'è questa cantina?... Uff!... Se proprio ci tieni, andiamo a vederla.”

Non sono molto contento... Ma voglio "far felice" la moglie. Infatti mi accorgo che per andare all'imboccatura della grotta dobbiamo fare delle scale... Qualcosa come un piano o due in discesa... E... Se prima si scende, poi bisogna risalire... Ed io per oggi ho già dato.

Comunque mi lascio convincere e scendo quei gradini non senza qualche lamentela. L'ingresso è seminascosto, anche da un'abbondante vegetazione, e si trova alla fine di un passaggio piano costruito nella nuda roccia... Ma non è protetto da alcuna porta. Una volta dentro, ci troviamo a percorrere una scala molto ripida in uno stretto passaggio "malamente" scavato nella pietra: "ma chi me lo ha fatto fare" - Mi dico - "Così imparo ad esser troppo buono. Avrei divuto rifiutarmi. Ma cosa c'è da vedere in una grotta?"

Con mia grande sorpresa, le scale scendono velocemente molto più del previsto. "Ma dove cavolo stiamo andando? - Ormai ho deciso di esternare i miei pensieri - "Siamo gli unici due scemi qui dentro. Guarda che poi dobbiamo risalire". Il fatto è che mentre mi lamento, continuiamo a scendere veloci e (proprio non me lo aspettavo) improvvisamente ci troviamo in uno "slargo" con locali visitabili sia a destra che a sinistra. Non c'è assolutamente nulla: solo le mura scavate nel granito. Continuo a pensare che stiamo facendo una scemenza... Risalire sarà dura e ci stiamo sobbarcando questa faticaccia per vedere una cantina.

Ops!... Sentiamo dei rumori... Dei passi. Ecco che non siamo più soli. Da un angolo spuntano una coppia di ragazzi dal "look" decisamente sportivo. "Ma voi da dove venite?" - Li apostrofo senza troppe cerimonie... Sono inglesi - "We come from the river... Down-stairs... It's fantastic".

Coosa? Vengono dal Guadalevin... Là sotto?

Ci dicono che siamo quasi a metà strada e ci spronano a scendere perché quel che si vede, "laggiù", è uno spettacolo unico e val la pena di fare "due scalini". A questo punto sono incastrato. Anche da qui, risalire è una faticaccia... E sarebbe assurdo "sorbirmela" per non aver visto nulla. Anche Margherita è sorpresa... Ma la decisione è senza tentennamenti: si scende!

Una volta arrivati, usciamo finalmente alla luce... Che spettacolo! Siamo in fondo all'orrido che in questo punto è impressionante. Una stretta fenditura spacca la montagna con un taglio tortuoso ma netto che lascia pareti a picco, relativamente levigate, che si alzano verticali fino alle rocce in alto che brillano "accese" dal sole del secondo pomeriggio; lo sfondo di un cielo turchese carico da il tocco magico ad uno scenario mozzafiato e fa il paio col blu intenso dell'acqua sulla quale ci troviamo. 

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Album fotografico   - click -   "Discesa al Guadalevin"     - istruzioni -

A questo punto, devo confessare che, al contrario di quanto facciamo di solito, la visita al Palazzo del Re Moro non era stata preparata e studiata per tempo. Infatti, un po' frettolosamente ci era parso un "appuntamento secondario"... Del tipo: se ci avanza tempo... Invece adesso sappiamo quel che avremmo perso. Leggenda vuole che questa fosse la casa del re moresco Almonated. Ma si tratta appunto solo di una leggenda: la verità infatti sembra essere un'altra. Sotto la dominazione araba era stata scavata la discesa al Guadalevin che ormai conosciamo bene. Tutto qui intorno era un presidio militare che aveva una valenza strategica di primaria importanza. Era infatti l'accesso segreto all'acqua (fondamentale in caso di assedio) e una possibile via di fuga in caso di necessità. A causa della segretezza imposta, gli abitanti vedevano un certo via vai di gente andare e venire. Non sapendo giustificare cosa mai facessero queste persone, cominciarono a fantasticare di sontuosi appartamenti scavati nella roccia a disposizione del re arabo. Si racconta che nel periodo nel quale la città era contesa tra i mori di Granada ed i Cristiani di Siviglia, durante un terribile assedio, la "grotta" fosse l'unico mezzo per attingere acqua destinata alla popolazione. Veniva utilizzata allo scopo una "catena di schiavi" (cristiani) che ogni giorno riforniva le cisterne poste in alto al livello delle case. Ronda sembrava imprendibile... Ma gli assedianti ebbero la meglio quando attaccarono dal fiume interrompendo così l'approvvigionamento quotidiano indispensabile agli assediati.

Ancora un paio di "curiosità"... Quando, durante la discesa, siamo arrivati al punto in cui si aprono quegli spazi (usati spesso come magazzini militari), ne abbiamo visto uno, in particolare, chiamato "Sala de Secretos" (la camera dei segreti). Questo nome è dovuto ad un fenomeno bizzarro: se qualcuno parla a bassa voce nei pressi di un angolo della stanza, quel che si dice viene percepito distintamente negli altri angoli ma non al centro che pure è un punto prossimo alla fonte del suono.

Inoltre, a circa venticinque metri di altezza sull'acqua, esiste un'apertura che dalle scale porta alla "Terrazza della Conquista" dalla quale era possibile all'epoca approntare le migliori difese contro coloro che avessero voluto attaccare dal fiume. Da questa terrazza, durante la fase di risalita, abbiamo scattato la foto sotto.

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Vista dalla Terrazza della Conquista.

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Bello!... Veramente bello e affascinante. E pensare che abbiamo rischiato di saltare la visita al “Palacio del Rey Moro”. Uno sbaglio che per fortuna non abbiamo fatto. Forse questo ritmo “turistico” che dura dalle visite di Granada, Cordoba, Sevilla, Cadiz, Jerez de la Frontera e adesso Ronda, anche se ci sentiamo pimpanti, va interrotto con una bella sosta di dolce far niente. Domani ce ne andremo a Marbella, sul mare... Ce ne staremo un paio di giorni godendoci il posto in vacanza (da vacuum – vuoto: solo dolce far niente)... Poi penseremo al resto.

Comunque, il turbinio cui ho fatto cenno ci ha lasciato dentro un senso di appagamento che ci godremo, persino più intensamente, nei giorni a venire. Ci aspettano, oltre Marbella con la sua passeggiata a mare, Nerja con la Terrazza d'Europa e le sue famose grotte a pochi chilometri dalle case e Cartaghena con la commemorazione storica della battaglia fra romani e cartaginesi nel corso della seconda guerra punica.

Ma queste sono altre storie...