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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).
Cartolina di Natale 2018
Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.
Fine
Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.
Nisiros
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La mattina all'alba, come al solito, prima che rinforzi il vento, siamo già in viaggio per Nisiros: un'isola poco distante di cui abbiamo anticipazioni estremamente interessanti. Il viaggio comincia decisamente bene: il mare è piatto come difficilmente lo si può vedere da queste parti. La cosa ci fa un piacere immenso perché, per come spira il Meltemi (vento onnipresente in questa stagione), lo avremmo dritto in faccia.
Elaborazione di un'immagine di Google Maps (immagine satellitare 1)
Foto dai nostri itinerari
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Rotta seguita dal July per andare dall'isola di Tilos all'isola di Nisiros.
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Viaggiamo a motore, ed io metto il July alla frusta (per quel che si può in una barca a vela...): devo approfittare al massimo di questa calma di vento. Non può durare... Sono assolutamente sicuro che il vento si alzerà anche oggi. Ma per adesso, viaggiamo bene... Molto bene. La barca scivola veloce senza beccheggiare in un mare senza onde. Questa cosa, un pochino mi impressiona. Si ha un bel dire che siamo uomini moderni, che la superstizione è cosa da stupidi ignoranti... Ma al marinaio non piace ciò che è strano, inusuale. Si tende sempre a voler interpretare i segni della natura. È un timore atavico che ci si porta dentro da sempre.
Ma non succede niente. Poco prima di arrivare, il vento si alza leggero. Non ci crea nessun problema. Viriamo a sinistra. Siamo ormai a ridosso dell'isola e "imbocchiamo" l'ultimo tratto che costeggia la costa Nord nella quale troveremo il porticciolo di Pali. Dalle carte sappiamo che hanno allungato il molo ed hanno aumentato sia il livello di protezione dal cattivo tempo sia in numero di posti barca. Dovremo fare molta attenzione entrando. I documenti parlano di una profondità all'ingresso di due metri e mezzo. Noi peschiamo due metri. Vuol dire che solo cinquanta centimetri d'acqua ci separano dal fondo. Qui c'è sabbia. Entrando piano, con la calma di oggi, il rischio è zero. Guai però a cercare di entrare quando c'è mare.
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Foto presa dal July giunto quasi all'ingresso del porticciolo di Pali sull'isola di Nisiros.
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A differenza di ieri, qui non abbiamo il timore di non trovare posto. Tra i tanti vantaggi della “strategia” di partire all'alba, c'è anche quello che, nei viaggi brevi, si arriva a destinazione quando la gran massa degli equipaggi comincia a mollare gli ormeggi. Infatti oggi, col bel tempo, prima di arrivare vediamo diverse barche uscire dal porto. Bravi!... Andate da un'altra parte.
Arrivati all'ingresso, riduco la velocità al minimo e non perdo di vista il profondimetro che scende fino a due metri e venti. Un brivido. Ma passato l'ingresso, la profondità aumenta. Uff! Potrebbero scavare un po' ogni tanto e tenere libera l'entrata!
Elaborazione di un'immagine di Google Maps (immagine satellitare 2)
Rotta seguita dal July per entrare nel porticciolo di Pali nell'isola di Nisiros.
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Nel porto troviamo libere ampie zone della banchina destinata al transito. Ci scegliamo un bel posto al centro proprio di fronte ad un piccolo spiazzo. Vediamo un paio di taverne da qui; ma non così vicine da darci qualche fastidio. Pensiamo di fermarci a Nisiros due o tre giorni. Vogliamo visitarla con cura. Prima di arrivare fino a qui ci siamo documentati ed abbiamo “preso coscienza” di una realtà, di cui non sapevamo nulla, in grado di attrarre tutta la nostra attenzione. L'isola è un vulcano ancora attivo; ha un cratere e lo si può visitare.
L'ora di pranzo si avvicina e il vento che durante la maggior parte del viaggio oggi è stato calmo, si vivacizza e torna al suo livello "normale" per questi paraggi: ovvero decisamente sostenuto. Il caldo, che con la brezza risulta persino piacevole, in sua assenza diventerebbe subito fastidioso. Sistemata la barca, ci concediamo una passeggiata per le banchine. A pochi metri da noi affittano gli scooter a poco prezzo. Prendiamo subito accordi per domani mattina: ne affittiamo uno per tre giorni.
Il porticciolo di Pali, nell'isola di Nisiros, visto dall'alto.
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Pranzo all'ombra nel pozzetto e siamo subito a spasso. Una buona occasione per "riprendere" il porticciolo di Pali dall'alto (vedi foto sopra). Siamo arrivati da due o tre ore e le banchine sono già piene. Poi, tornati sul lungomare, ci incamminiamo verso Est (vedi Foto satellitare 2). Appena fuori dal porto, una spiaggia di sabbia nera (vulcanica), raccordata al molo di sottoflutto, si spinge uguale a perdita d'occhio. O meglio, si ferma in fondo a ridosso di un importante struttura ancora in costruzione: la nuova sede delle terme di Nisiros. Dalla parte opposta, ovvero verso il July, il raccordo di cui parliamo è un accumulo di sabbia, frutto sicuramente dell'apporto costante di materiale da parte delle correnti marine deviate dalla costruzione dei moli, che spinge la spiaggia a formare un'ansa rotondeggiante tra lo stesso molo e la costa. Qui, l'accumulo ha creato un bassofondo che si spinge fin quasi all'ingresso del porto. Sarà sicuramente il nostro posto preferito per fare il bagno fintanto che resteremo qui.
Una strada segue la costa. Noi la percorriamo passeggiando mollemente deliziati dal vento che ci consente di trovare piacevole camminare lungo un percorso totalmente esposto al sole. Un albero di fichi ci da l'occasione di passare alcuni minuti cercando di raggiungere qualcuno dei suoi frutti tardivi lasciati ormai al loro destino. Costeggiamo l'enorme struttura delle terme in costruzione curiosando all'interno per capire come saranno una volta finito il lavoro. Ne ricaviamo la sensazione di un cantiere abbandonato da tempo. Un'opera faraonica fuori posto che probabilmente rimarrà una incompiuta. Più avanti... Un'autentica sorpresa.
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Album fotografico - click - "Terme romane a Nisiros" - istruzioni -
Un corto sentiero, che punta verso l'entroterra perpendicolarmente al litorale, porta direttamente ad una breccia tra antichi mattoni che formano una volta ormai quasi del tutto crollata. Un cartello posto lì davanti, ci incuriosisce fino ad indurci a percorre la distanza che ci separa per andare a leggerlo. Una fonte termale, utilizzata sin dal tempo di Roma antica, si nasconde dietro queste mura. Vediamo tutt'intorno tracce di culto. È evidente che, ogni tanto, nel giorno dell'anno prestabilito, in questo luogo si celebra una festa religiosa. L'oggetto sarà uno dei santi della chiesa ortodossa. Non possiamo fare a meno di pensare ad una continuità evidente con i culti pagani che hanno preceduto l'avvento del cristianesimo. In qualche tempo lontano, parliamo di circa duemila anni, gli uomini si sono riuniti in questo luogo per celebrare una qualche ricorrenza cristiana laddove per secoli si era celebrata una qualche divinità legata a questa fonte.
La mattina dopo, ci svegliamo in una splendida giornata di sole. Le previsioni (seguiamo sempre l'evolversi del tempo anche quando non dobbiamo navigare) ci danno un paio di giorni ancora belli, oggi e domani. Poi si attende una burrasca da Nord-Ovest: Meltemi (tanto per cambiare). Dovremmo fare in tempo a visitare Nisiros per poi portarci a Kos. L'idea è quella di rifugiarci in quell'isola durante il cattivo tempo: la barca dorme al sicuro e noi siamo in giro a fare i turisti. Per oggi comunque il piano è già pronto: andiamo a ritirare la moto e partiamo per Mandraki, il capoluogo dell'isola.
Foto della passeggiata a mare di Mandraki, il capoluogo dell'isola di Nisiros.
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Ridiscutiamo, in occasione del ritiro dello scooter, la durata dell'affitto: solo due giorni perché dobbiamo partire un giorno prima a causa del maltempo in arrivo. Non ci fanno problemi: il costo giornaliero rimane invariato.
Giunti a Mandraki, siamo costretti a lasciare la moto prima di arrivare al centro. Dopo le prime case infatti, la strada è sbarrata: zona pedonale. Da li comincia una passeggiata a mare molto caratteristica. Ci sentiamo proprio in un'isola greca come tutti la vediamo nell'immaginario collettivo formato da foto e film che continuiamo a vedere sin da quando eravamo bambini. Negozi e taverne a bordo mare, case bianche con finestre azzurre ovunque ed un mare blu carico che si staglia contro un cielo di un azzurro così vivo che solo qui si può trovare (il Meltemi, questo vento continuo, credo che possa essere la spiegazione del fenomeno). Io sono il responsabile dei caschi. Non mi fido... Assolutamente. Margherita insiste per lasciarli sulla moto: "Ma chi vuoi che si prenda due vecchi caschi come questi"- Mi dice. Ma io preferisco sacrificarmi per senso del dovere e li porto con me (... E poi, devo dare il buon esempio a Margherita che fa sempre tutto facile).
La passeggiata a mare, dopo alcune centinaia di metri, si restringe.
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Ci spingiamo un po' a passeggiare lungomare osservando le isole che si vedono intorno a noi. Il mare non è mosso, almeno non nel vero senso della parola. Le onde sono di piccole dimensioni e non spaventano nessuno. Tuttavia è un mare strano, nervoso che sbatte sulla passeggiata e sulle case a picco sulla costa alzando continuamente spruzzi che ci costringono ad evitare di transitare in alcuni passaggi a rischio “doccia”. Si vedono bene i punti della passeggiata ben bagnati di fresco che conviene aggirare. Qui la gente non ci fa caso: per loro è tutto normale. Da noi, in Italia, quando il mare non è mosso è calmo. Qui no. Il mare è così molto spesso anche nelle belle giornate.
Dopo la passeggiata sulla costa, puntiamo decisamente all'interno: andiamo a visitare il monastero. Dobbiamo trovare la stradina che porta alle scale per salire. Lo si vede bene dal basso a picco sulla scogliera alle spalle del paese. Le case sono costruite tutte a ridosso le une sulle altre. Le strade sono troppo strette per passarci con l'auto. Eppure, girando all'interno, si incontra ogni tanto un'automobile che si spinge, rasentando i muri, fino a destinazione. Caricano e scaricano cose e persone: vivono la loro vita normalmente in una dimensione che a noi è estranea.
Il monastero a Mandraki, nell'isola di Nisiros, costruito a picco sul mare.
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Saliamo dolcemente portandoci un centinaio di metri verso l'interno, poi un cartello ci indica dove comincia la salita. La stradina fra le case finisce presto alla base di una rampa di scale che sparisce a due piani d'altezza dentro un'antica torre. Qui un cancello consente di aprire e chiudere l'ingresso. Una postazione da cannone è occupata da qualche oggetto dei tempi nostri messo li solo per bellezza. Abbiamo saputo che l'attuale struttura è stata costruita sulle rovine di un antico castello: questa torre e questa isolata bocca di fuoco sono evidentemente parte di quel che rimane. Ancora qualche gradino ed arriviamo all'ultima scalinata prospiciente all'ingresso vero e proprio del monastero. Salite le ultime scale si entra nella cancellata che si apre, subito alle sue spalle, in un piccolo spiazzo da cui si vede il mare.
Mandraki, visto dal monastero. Si vedono le case addossate le una sulle altre.
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Agli occhi di chi non è di fede ortodossa, i monasteri e le chiese in Grecia sembrano un po' tutti uguali. Mi rendo conto che questa affermazione è un po' spinta... Ma c'è del vero. Una delle conseguenze dell'ortodossia, per esempio, è che le figure religiose che hanno l'onore degli altari vengono rappresentate da icone. Voglio dire che se imparo a riconoscere l'immagine di Ayios Nikolaos (San Nicola), non ne riconosco il volto naturale, ma un suo disegno che vedrò immutato ovunque il santo venga rappresentato. Immagino che un pittore, per poter dipingere l'interno di una chiesa, debba apprendere come vengono rappresentate le varie icone. Così, l'artista, non raffigura un volto dandogli un'espressione frutto del proprio talento. Al contrario, mani diverse, rappresentano la stessa figura allo stesso modo (hanno imparato a realizzare lo stesso disegno). L'usanza vuole che le chiese mostrino le pareti dipinte e sono moltissime quelle che effettivamente si mostrano affrescate in ogni metro quadro disponibile nelle pareti.
Invece, la chiesetta che visitiamo ci sorprende. Entrando nel monastero si percorre un lungo corridoio con alcune porte. L'ultima a destra porta alla chiesa: si accede a delle scale che scendono verso una saletta lunga e stretta che presenta una fila di finestre verso il mare a sinistra ed una parete cieca a destra (c'è la roccia da quella parte). In fondo, la sala si allarga formando un quadrato. Qui il "Pope" celebra la messa. Vediamo la sedia, il leggìo, etc. Le finestre verso il mare sono ad altezza naturale e, scendendo dalle scale, mostrano lo splendore di un panorama dai colori esuberanti: il blu del mare e l'azzurro carico del cielo con qualche isoletta un po' sfocata dall'umidità che la circonda. Non si percepisce quell'aria grave, scura e solenne che vediamo quasi ovunque.
Video dell'interno del monastero di Mandraki (isola di Nisiros).
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Il monastero, come si vede anche nella foto, è abbarbicato sulle rocce. È vero che è stato costruito sulle rovine di un'antica rocca edificata a protezione dell'antica città, ma si sviluppa in lunghezza e quel che si può visitare non è molto. L'atrio all'aperto dopo la cancellata, il lungo corridoio all'ingresso e l'interno della chiesetta che abbiamo visto. Immaginiamo esistano altri locali usati come ambienti di vita quotidiana dai religiosi che qui vivevano fino a non molti anni fa, ma non sono accessibili.
Ritorniamo sui nostri passi verso il mare e raggiungiamo la passeggiata: i polipi, appena pescati oggi, distesi ad essiccare al sole secondo l'usanza greca, sono sempre li dove li abbiamo lasciati. Siamo decisamente contenti: la giornata è cominciata bene. Tutto ci piace e tutto ci è piaciuto. Abbiamo ancora in bocca il sapore di due dolcetti che abbiamo appena finito di “sgranocchiare” scendendo dal monastero. Non è colpa nostra. Potrei giurare che nessuno di noi due pensasse, anche lontanamente, a comprare dei dolcetti... Poi quel profumo... Abbiamo ceduto solo per un attimo all'odore di una sfornata che fuoriusciva da un negozietto in uno dei vicoli che abbiamo attraversato.
Ritorniamo sui nostri passi verso il mare e raggiungiamo la passeggiata.
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Così,"con la gioia nel cuore", raggiungiamo la moto. A questo punto, sappiamo che ci aspetta una "caccia al tesoro". Vogliamo visitare le rovine di una cittadella dell'epoca della Grecia Classica posizionata da qualche parte sulle alture alle spalle di Mandraki. Ma, da qui non si vede e non siamo riusciti ad avere ancora delle indicazioni chiare. Tutti assorti in questi pensieri, arrivati davanti allo scooter, tiro fuori le chiavi ed esclamo: "Porc... Dove sono i caschi ? "
Tralascio di riportare le approfondite ed estese considerazioni di cui Margherita mi rende partecipe e mi limito a mantenere un controllo invidiabile: "devo pensare" - mi dico - "dove cavolo sono finiti i caschi?"
Un vero uomo si vede se è capace di mantenere la lucidità d'azione anche in momenti estremi ed io riconosco di essere in uno di questi momenti. Poi, in pochi istanti, avendo rivisto davanti agli occhi tutto il film della mia vita, ricordo: "Ho lasciato i caschi alla fine della passeggiata a mare, là dove si restringe, quando ci siamo messi a fare le foto... Li ho appoggiati sulla panchina".
Così dico a Margherita di aspettarmi alla moto, ch'io vado velocemente a recuperare i due oggetti. Ma per quanto accelero il passo, lei riesce a starmi dietro... Anche perché non sono ancora finite le dissertazioni sull'argomento e, la parte più importante, deve ancora arrivare.
Comunque, come Dio vuole, ritroviamo i caschi esattamente dove li "avevamo poggiati un attimo" e riprendiamo la via del ritorno. Bella questa passeggiata: cominciamo a conoscerla.
“Inforcata” la moto ci mettiamo in cerca della deviazione per Paleokastro. In Grecia questo nome è diffusissimo. Potremmo dire che se ne trova uno in ogni isola. In greco significa semplicemente “antico castello”. Ma in questo caso il nome è fuorviante. Qualcuno chiama queste rovine l'acropoli. Non intendo entrare in "dotte" disquisizioni... Osservo però che queste rovine che ci accingiamo a raggiungere sono descritte come la città antica fortificata dell'epoca della Grecia classica. Per questo motivo, indico a chi mi legge che i pochi cartelli che si possono trovare in loco indicano Paleokastro mentre io chiamerò questo posto acropoli che significa letteralmente "città alta" (àkros "alto", pòlis "città"). In epoca micenea (e non solo) era fortificata ed ospitava il palazzo del re.
Elaborazione di un'immagine di Google Maps (immagine satellitare 3)
Foto satellitare dell'area Nord-Ovest dell'isola con vista di Mandraki e Paleokastro.
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Troviamo un cartello con la scritta Paleokastro all'altezza del porto dei traghetti. Ci fermiamo a chiedere qualche dritta all'ufficio informazioni che, nel porticciolo di Pali, dove siamo noi con il July, non c'è. Ne approfittiamo per chiedere delucidazioni sulla strada. “A che ci siamo” - Mi dice Margherita - “Voglio anche chiedere dove sono le terme. Abbiamo visto l'enorme struttura di quelle in costruzione e la piccola fonte termale d'epoca romana... Vuoi che non ci siano le terme?” Così veniamo a sapere che quelle esistenti al momento sono piccole e sono situate all'altezza di un porticciolo per barchette da pesca lungo la strada costiera in direzione Est (vedi Foto satellitare 3). Poi, prima di risalire sulla moto, diamo ascolto alla nostra coscienza e facciamo un giro delle banchine guardando i fondali e valutando il livello di protezione di questo scalo. Se in futuro dovessimo trovarci in difficoltà con vento e mare da queste parti, non dimentichiamo che a Pali non possiamo entrare: fondo insufficiente. Qui la protezione è del tutto insufficiente... Comunque sempre meglio conoscere quanto più possibile. Adesso, messa a posto la coscienza, possiamo ripartire.
Foto di Paleokastro presa con lo zoom dalla collinetta di fronte prima di arrivare.
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Quel che vediamo è sorprendente. Già prima di arrivare a destinazione, l'acropoli si presenta con delle imponenti mura megalitiche sostanzialmente ancora intatte. Ma la sorpresa aumenta, se possibile, quando alla fine arriviamo nei pressi, quando siamo così vicini da poter ammirare la precisione con la quale sono state collocate le enormi pietre lavorate ed incastrate una sull'altra. Siamo di fronte ad un capolavoro frutto della genialità di questi uomini che, nonostante i pochi mezzi a disposizione, con gran dispendio di energie, sono tuttavia riusciti in un'impresa ciclopica.
Album fotografico - click - "Paleokastro" - istruzioni -
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Le mura sono state costruite secondo i dettami dell'epoca. Il tracciato può essere descritto come di forma vagamente rettangolare. Vagamente perché ogni lato mostra una porzione di mura che fuoriescono abbondantemente dal resto della struttura. Ciò consente di aprire l'unica porta di comunicazione, non di fronte ma di lato (vedi disegno sotto). Questo stratagemma consente di ottenere un considerevole vantaggio difensivo. Infatti tutte le azioni di sfondamento del portone di ingresso espongono gli attaccanti al fuoco incrociato dei difensori neutralizzando ogni loro tentativo di proteggersi (portando lo scudo da una parte, si scopre inevitabilmente l'altra).
Disegno esplicativo della forma delle mura nei pressi della porta.
L'interno dell'acropoli appare vuoto. Non ci sono tracce di costruzioni in pietra. Non sappiamo se ciò derivi dalla mancanza di scavi archeologici o da altro. Comunque, venire a cercare queste mura è stata una buona idea: ne è valsa proprio la pena. Ritorniamo così verso la moto. La mattinata ormai è andata, ma non siamo in ritardo. Il pomeriggio è dedicato alla visita al cratere. Per adesso però, ce ne andremo in barca a mangiare qualcosa.
Appena arrivati, andiamo subito a visitare il cratere principale... Quello della grande eruzione.
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In effetti, dopo una sosta di un'oretta in barca, ci sentiamo ben riposati e pronti all'escursione che ci attende. La visita al cratere ha dei vincoli di orario. Esiste una struttura minimale ma funzionante che opera vendendo i biglietti per la visita ed effettuando i dovuti controlli di sicurezza. Così, ripresa la moto, ci lanciamo per le stradine che portano in alto. Raggiungiamo, in una curva, il paesino di Emporios ma passiamo oltre. Lo visiteremo in un altro momento. Adesso siamo diretti al cratere dove intendiamo fare dei bei giri a piedi e ci serve tutto il tempo che ci siamo dati.
Subito dopo aver lasciato Emporios alle spalle, finisce la nostra salita. Abbiamo raggiunto la cresta dell'enorme caldera che caratterizza quest'isola. Andando diritto, si segue questa cresta fino a giungere in un altro paesino chiamato Nikia (dove andremo domani). Per ora, imbocchiamo un bivio a destra che ci porta verso la strada che scende alle bocche del vulcano. Quando arriviamo, pagato l'ingresso, ci fiondiamo diretti proprio al cratere centrale, quello più scenografico (Vedi foto sopra). Esiste un sentiero che ci porta in basso, sulla superficie densa di rocce vulcaniche di ogni tipo con prevalenza comunque di zolfo. L'aria si fa subito pestilenziale e noi interrompiamo la discesa. Dei cartelli indicano di prestare attenzione alla fuoriuscita di bolle di gas di varia natura. Anche se non credo che stiamo rischiando veramente, quel che c'è da vedere lo vediamo bene anche da qui. I miasmi pestilenziali possiamo ben lasciarli a Indiana Jones: noi prendiamo i sentieri che ci portano a vedere il resto. Ci sono infatti altri due crateri secondari salendo sulle pendici a Nord della caldera.
Nella foto, usciamo dal cratere principale e ci dirigiamo in fondo a visitare quelli secondari.
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La “scarpinata” nella quale ci “tuffiamo” a capofitto, non è roba da marinai. Ma c'è poco da dire in proposito: bisognerebbe vedere di persona questa natura inusuale. Lasciato alle spalle quel po' di verde che pur esiste, ci si arrampica in terreni privi di qualsiasi forma di vita: per quel che si vede, potremmo essere su Marte. Lasciamo quindi che i piedi ci portino dove la curiosità ci spinge ed affrontiamo un altro argomento ben più interessante. Cos'è questa caldera nella quale ci troviamo?
Elaborazione di un'immagine di Google Maps (immagine satellitare 4)
La linea di faglia, tra la placca africana e la placca europea, passa proprio per l'Egeo.
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Per dare una risposta, anche la più sintetica, dobbiamo fare un passo indietro. Sappiamo tutti che la terra, alle origini, era una palla di materiale incandescente allo stato fluido (composto tutto di quella lava che conosciamo anche noi). Ma, milioni e milioni di anni, hanno consentito alla superficie di raffreddarsi e di consolidarsi. Questa crosta, che ha raggiunto ai giorni nostri uno spessore notevole (parliamo di chilometri), si chiama placca. Quest'ultima non si è formata in modo omogeneo su tutto il pianeta perché si tratta di una parte solida che galleggia su uno strato viscoso in perenne movimento. Così non si parla di una placca unica, piuttosto di un certo numero di placche che ricoprono la terra addossandosi, naturalmente, le une sulle altre. Le linee di discontinuità della crosta terrestre, ovvero le linee che separano due placche, sono chiamate “faglie”. Lungo queste linee le placche possono allontanarsi, possono scorrere l'una sull'altra o si possono scontrare. L'energia immensa che questi scontri titanici (a velocità di pochi centimetri l'anno) sviluppano lungo queste linee, è la causa dei terremoti e della nascita dei vulcani. Nella Foto satellitare 4 qui sopra si vede la faglia che attraversa l'Egeo lungo la quale troviamo tre isole sulle quali voglio concentrare la mia attenzione: Milos, Santorini e Nisiros. Si tratta di tre vulcani la cui storia ha molto in comune. In questa sede basti ricordare che tutti presentano una caldera che si è formata a seguito di un'esplosione.
(Elaborazione ed adattamento da un disegno disponibile in internet)
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Il disegno sopra mostra, in quattro fasi, come si forma una caldera. Quello che rimane è una corona di rilievi più o meno alti. La corona può essere completa ed il fondo essere al di sopra del livello dell'acqua (il caso di Nisiros) oppure parte della corona rimane emersa e parte sommersa mentre il fondo si trova sotto il livello del mare che ne allaga l'area (come a Milos e Santorini).
La conoscenza, anche se superficiale, di questi fenomeni ci accompagna per tutto il tempo che passiamo alla ricerca dei crateri secondari rendendo, se possibile, ancora più affascinante lo scenario che ci circonda. Il vulcano sotto i nostri piedi è attivo e molte sono le manifestazioni intorno a noi. Per fortuna si trova in una fase quiescente e noi possiamo fare i turisti senza rischi reali.
Finita la visita, siamo stanchi abbastanza da sentire il richiamo del July che riposa (beato lui...) nel porticciolo di Pali. Così rientriamo con l'intenzione di passare una serata tranquilla. Domani riprenderemo la moto per andare a visitare il paesino di Emporios e quello di Nikia dove ci fermeremo a mangiare in qualche taverna. Per oggi abbiamo già dato.
Appena è giorno, sveglia e colazione in pozzetto col sole che, a quest'ora, è ancora piacevole e mette subito tutti di buon umore. Quello che invece non ci piace è che ieri abbiamo mandato una email al marina di Kos per prenotare un posto per domani (non è il caso di andare fino a li per proteggerci dalla burrasca già annunciata e trovarsi fuori dal porto a cercare un posto in un'isola che non conosciamo) e ci hanno risposto che sono pieni. Non intendo lasciare un riparo sicuro senza averne un altro altrettanto valido garantito.
Comunque, per il momento ce ne andiamo in giro come programmato, poi vedremo. In fondo stiamo bene anche qui. Certo è diverso approfittare della sosta forzata per visitare l'isola di Kos (come ci piacerebbe fare) o rimanere rifugiati ad attendere di poter mettere fuori il naso. Questa sera vedrò di telefonare al marina per chiedere di nuovo il posto: magari via mail non me lo danno ma insistendo a voce... Sono greci dopotutto!
Inforcata di nuovo la moto, ci mettiamo poco tempo per ripercorrere la stessa strada di ieri fino al paesino di Emporios. Appena entrati, dopo alcune case, si accede direttamente alla piazzetta centrale di cui un intero lato è rappresentato dalla chiesa. Siamo proprio in un posticino dove i turisti che vengono sono pochi. In quest'isola, in piena estate, i turisti arrivano da Kos. I numerosi alberghi di quell'isola offrono a catalogo dei tour per i loro ospiti e, coloro che decidono di partire, vengono accompagnati qui in battello per una gita giornaliera organizzata. Arrivano a Mandraki e trovano in attesa un pullman che li porta a visitare prima il paesino li vicino e poi il vulcano. Infine ripartono in battello. Nessuno si spinge a visitare Emporios. Per noi che veniamo in barca invece è tutto diverso. Ci "piazziamo" in porto e ce ne andiamo "quando ci pare", quando abbiamo visto tutto. Anzi, a pensarci bene, qualche volta, neanche quando ci pare... Ma questa è un'altra storia.
Album fotografico - click - "Emporios" - istruzioni -
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Nella piazzetta c'è una taverna dove cinque o sei persone sono sedute a bere ed a discutere: forse sono tutti gli uomini del paese. Proseguiamo per l'unica strada che porta in salita. Le case ai lati ci si stringono addosso fino a che non percorriamo una vietta non più larga di un metro. Saliamo ancora ed arriviamo alla parte più alta dell'abitato; le case in questa zona sono abbandonate. Porte aperte e finestre senza vetri. Qualcuna presenta parte delle mura vistosamente crollate. Ma altre sono intatte: sembra che siano state abbandonate da poco. In molte di queste troviamo praticamente il mobilio e le suppellettili che dovevano esserci al momento dell'abbandono. Sono povere cose. Questa vista ci fa pensare a persone anziane ormai rimaste sole e senza eredi che sono morte lasciando tutto abbandonato. Da quel che si vede emerge un passato di semplicità estrema. Non di povertà... Piuttosto di una vita fatta di poche cose essenziali. La vita di una volta fatta di un piccolo orto coltivato, qualche animale e poco altro.
Ritorniamo sui nostri passi, giù verso la moto. Andiamo a curiosare nel giardino del locale "Istituto Per Lo Studio Del Vulcano". Da qui si gode una vista dall'alto della caldera. Ma sappiamo dove andare per vederla anche meglio: andremo a Nikia. Così prendiamo di nuovo la moto e ci inoltriamo nella strada che ieri abbiamo visto al bivio che porta giù al cratere. La strada, praticamente, segue in quota i rilievi che formano, da questa parte, la corona tutt'intorno alla bocca eruttiva.
Arrivati a Nikia, siamo affascinati dalla bellezza del panorama... Ma anche la fame si fa sentire.
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Arrivati a Nikia, siamo sopraffatti dalla bellezza del panorama... Mare, cielo e, in fondo, l'isola di Tylos dalla quale veniamo. Ma, nonostante i nostri sentimenti volino alti, ci sentiamo sopraffatti anche da “un sentire interiore” molto più umano... Sentiamo famuccia. Il piccolo paese è formato da due case, una chiesa, un museo e una taverna (si fa per dire). Ma la taverna si affaccia sul mare da quest'altezza: "che spettacolo!" Subito una birra gelata... Intanto guardiamo il menù (foto sopra).
Dopo pranzo, con più calma, visitiamo il piccolo museo "vulcanico" poi prendiamo la moto per salire alla chiesetta-eremo di Nikia. È stata edificata proprio in cima al "cocuzzolo" sopra il paese. Ci hanno detto di andare a piedi... Ma, dopo aver mangiato... Come si fa?... È improponibile! Quindi decidiamo di ignorare il consiglio e di andare in moto. Povera motocicletta... Geme a tal punto che vengo preso da una profonda pena. Geme in modo quasi umano... Sono sicuro che questa volta torniamo in barca a piedi.
A venti metri dall'arrivo, la "bestia" cede. Si rifiuta di avanzare e si spegne. La parcheggio in qualche modo (la salita è così ripida che anche mettere una moto sul cavalletto è un problema) e facciamo i venti metri che ci separano dal cancello. Lo spettacolo non ha uguali. Di qua la caldera vista come non la si vede da nessun'altra parte e di là il mare con le isole all'orizzonte. Le foto sotto mostrano qualcosa. Ma bisogna accontentarsi... Non è come guardare sul posto.
Album fotografico - click - "Nikia" - istruzioni -
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Ritorniamo a bordo del July pieni di soddisfazione per queste due ultime giornate che fanno di quest'isola una delle più interessanti di questo arcipelago... O almeno... Questa è la sensazione. Dico così perché ogni volta è la stessa cosa. Ogni volta che visitiamo una di queste isole, alla fine sentenziamo che è la più bella o la più interessante oppure è unica. In fondo sospetto che dovrei smettere di fare paragoni. La verità è che sono quasi tutte bellissime e ci seducono ognuna a suo modo: tutte, alla fine, sono ineguagliabili.
Non appena arriviamo in porto ci troviamo di fronte al problema di cosa fare. Domani il tempo sarà ancora bello, ma poi peggiorerà. Come deciso prendo il telefono e chiamo la reception del marina di Kos. Non faccio cenno al fatto che ho già scritto per un posto e mi hanno detto di no. "Hello!... We have a sailing boat eleven meters long... We look for a slot for three/four days... Enough for overcoming the announced bad weather. Is it available please? - Dico alla signorina che mi risponde con vocina studiatamente accattivante - "I'm sorry Sir, we are full." - Mi risponde - " In addition to that, we have people that unpredictably will remain inside during the announced rough days. No way... We will be pleased to give you our best hospitality as soon as this situation is over."
E così siamo sistemati. Potrei andare di persona domani a veder se trovo un "buco"... Ma è un rischio che non voglio correre. Non c'è niente di più triste che stare a ballare in un brutto posto in attesa che passi. Meglio rimanere qui. Però, una cosa da fare ci sarebbe: se rimaniamo al nostro posto il vento ci colpirà da prora. Anche se ho molta fiducia sulla capacità dell'ancora di tenere, è molto meglio avere il vento da poppa che tende le cime in banchina mentre l'ancora non lavora. Situazione decisamente migliore. Così ci prepariamo a salpare per ormeggiare di fronte. Lo facciamo subito. Sempre meglio non aspettare in questi casi. Inoltre, ne approfitto per mettere i cavi invernali, quelli più robusti. Dormiremo sonni tranquilli. Infatti, dopo una bella serata con tanto di passeggiata lungomare dopo cena, la barca ci ha regalato una notte assolutamente calma e l'indomani abbiamo girato il video qui sotto.
Abbiamo portato il July sul molo di fronte: un posto più protetto dove aspettare il bel tempo.
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La mattina seguente, approfittiamo d'essere ancora sull'isola per andare a vedere “queste famose terme”. Un “dépliant” che ci hanno dato al chiosco delle informazioni recita:”A 1,5 Km dal capoluogo dell'isola troverete la Sorgente delle Terme nota per le sue acque sulfuree che raggiungono i 48°C. E' stato costruito un complesso terapeutico dove i visitatori possono fermarsi per le cure più adeguate. Queste terme, con 65 posti letto, si trovano vicino al mare; sono aperte da giugno ad ottobre.” Passiamo a dire che teniamo la moto ancora per qualche giorno e proseguiamo in direzione di Mandraki.
Le terme sono proprio di fronte ad un porto pescatori, così lo chiamano i locali. A noi fa un certo effetto. Ovunque all'interno, l'acqua non arriva ad un metro di profondità. Con il July sarebbe impossibile entrare, abbiamo bisogno di almeno due metri e mezzo di fondo. Dentro ci sono solo barche da pesca di piccole dimensioni. Di fronte allo specchio di mare protetto dai moli, lato interno, si sviluppa il caseggiato delle terme. È bianco, come tutto è bianco qui in Grecia. Entriamo e chiediamo alla reception per Margherita. Ci danno l'appuntamento per il pomeriggio alle 14:00. Ci sono diverse persone nella struttura. Non capiamo cosa dicono: parlano tutti greco qua dentro. Comunque Margherita prenota. Noi andiamo a fare due passi a Mandraki paese; poi andremo in barca a mangiare e nel pomeriggio, all'orario, torneremo qui.
Album fotografico - click - "Terme di Nisiros" - istruzioni -
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Quando arriviamo nel pomeriggio, c'è un gran via vai di gente nell'atrio e nel lungo corridoio dove si affacciano le stanze. Sono tutti anziani: maschi e femmine vagano dappertutto... Con Margherita ci scambiamo uno sguardo interrogativo... Poi la verità si fa strada: sono tutti greci che vengono qui chissà da dove per un periodo di cura. Ci sediamo nelle poltrone che arredano l'atrio dell'albergo e non siamo i soli ad avere avuto questa idea: Margherita deve aspettare il suo turno. La chiameranno. Un signore con aria distinta, seduto di fronte a noi, ci rivolge la parola; parla in greco naturalmente. Cerchiamo di fargli capire che la sua lingua proprio non la parliamo. Usiamo l'inglese e tanti gesti e lui, con l'aria di chi è avvezzo a parlare con gli stranieri, ci fa cenno d'aver capito. Poi riprende in greco il suo discorso da dove era rimasto. Ci racconta un sacco di cose e si accalora per quel che dice. Noi siamo imbarazzatissimi: così ci sembra di fare una cosa buona annuendo ogni tanto come se capissimo. Ad un certo punto, dopo aver detto qualcosa sicuramente molto interessante, nel culmine della tensione, decide di farci una domanda. Una domanda?... Ma questo non è valido! Questa sua mossa ci spiazza, non l'avevamo prevista. Siamo assaliti dal panico, dovremmo rispondere: dopo aver passato una mezzora ad annuire come se capissimo tutto, come facciamo adesso a cavarcela? Mi viene un'idea. Prontamente mi alzo, faccio cenno a Margherita indicando, come se fosse stata chiamata; così ci alziamo per andare di fronte al bancone della reception. Faccio grandi gesti di scuse... Ma... Dobbiamo proprio andare. Uff!... Per fortuna l'attesa non si protrae ancora per molto. Presto viene il turno di Margherita che così sparisce tra due inservienti. Io non mi avvicino più alle poltrone: vado a sedermi fuori.
Una vasca che raccoglie acqua termale all'interno dello stabilimento.
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Così, mentre la mogliettina si fa il trattamento di bellezza, io mi seggo nelle sedie del bar di fronte all'ingresso. Non mi annoierei mai a stare seduto in mezzo ad un porto: c'è sempre qualcosa che attira la mia attenzione. Ne subisco un fascino incredibile sin da quando ero bambino. Fuori il mare ed il vento sono ancora buoni. Comunque noto che il movimento delle barche è tutto in entrata. Forse mi lascio suggestionare dal fatto che al porto, da noi, siamo tutti in attesa del gran ballo. Ai giorni nostri, le previsioni meteo sono buone ed affidabili, ed anche i pescatori qui sanno bene quel che si prevede. Comunque mi sembra di vedere tutti controllare bene l'ormeggio e rinforzalo dove occorre. Finalmente Margherita viene fuori tutta soddisfatta. Mi racconta dell'acqua calda che sgorga direttamente da una sorgente e viene intercettata e dirottata qui nello stabilimento. Ma siamo già in moto sulla via del ritorno. Anche io voglio fare come questi pescatori: voglio andare a rinforzare gli ormeggi.
L'attesa burrasca è arrivata. Dicono che durerà tre giorni. Noi siamo ben protetti ormeggiati al molo di sovrafflutto del porticciolo di Pali a Nisiros. Siamo in buona compagnia. Conosciamo gli equipaggi delle barche rifugiate come noi in attesa del bel tempo. Facciamo spesso due chiacchere con i nostri vicini. Una coppia famosa tra coloro che nutrono la nostra stessa passione: andare per mare. Sono Rod Heikell e sua moglie Luhe.
Il video girato a Pali (Nisiros). Restiamo fermi tre giorni a fianco di Rod e sua moglie Luhe.
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Rod Heikell è nato in Nuova Zelanda nel 1949 ed ha navigato un po' lungo le coste di casa su una gran varietà di barche. Ha provato a partecipare ad alcune regate nel golfo di Hauraki, ma senza grande convinzione. Dopo essersi trasferito in Inghilterra, per il semplice gusto di soddisfare un capriccio, ha comprato Roulette, un'imbarcazione in legno a vela con la quale ha disceso la costa atlantica fino ad entrare nel Mediterraneo. Qui ha fatto del “charter” fino a quando in Grecia, senza una reale consapevolezza della vastità dell'impresa nella quale si stava buttando, si è messo a scrivere un libro: una guida per coloro che volessero navigare in acque greche. Questo libro fu seguito da altri che trattavano di altre coste nel Mediterraneo. Da quel momento ha esteso le sue attività navigando in lungo e in largo ed affinando sempre più le proprie pubblicazioni fino a diventare il leader indiscusso del settore. Oggi i suoi libri sono i più diffusi nello yachting. Ha cambiato diverse barche. La barca attuale, Skylax, è rientrata in Mediterraneo dopo un giro del mondo ed è al momento, con nostra grande ammirazione, a fianco del July. Abbiamo così l'occasione di conoscere Rod e Luhe, sua moglie che lo accompagna e lo aiuta a tenere aggiornate le sue guide.
(Elaborazione di un'immagine disponibile su web che mostra Rod e Luhe su Skylax, la loro barca)
Rod e sua moglie Luhe sulla loro barca Skylax.
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Ci troviamo tutti a chiacchierare in banchina mentre la burrasca a mare infuria. Da dove siamo noi si vede bene l'ingresso del porto. Le onde, appena fuori, spazzano violente il mare in quel tratto che ha una profondità appena sufficiente per consentici di entrare e uscire con mare piatto. Adesso nessuno di noi potrebbe uscire neanche volendo. Facciamo spesso dei capannelli tra noi discutendo del più e del meno: Rod è uno di noi. Una persona semplice e garbata. Sa di essere un personaggio, ma non lo da a vedere. Ride e scherza (non è molto loquace) con tutti come se nulla fosse. Sua moglie Luhe invece, non scende a parlare con noi marinai... Roba da maschi. Però, con lei facciamo delle gran chiacchierate seduti ciascuno sulla propria barca uno di fronte all'altra, soprattutto mentre Rod fa la pennichella pomeridiana.
Finita la burrasca, dopo alcuni giorni di sosta forzata, il porto si svuota. Partiamo tutti. Noi muoviamo prima degli altri: destinazione il marina di Kos.